Itinerari in città

Tanti percorsi all'interno delle mura, per andare alla scoperta della città medievale di Castelfranco Veneto.


Itinerari

Perditi tra i vicoli medievali di Castelfranco Veneto per scoprire la storia della città

La Città di Castelfranco Veneto, con il suo vasto territorio, offre diversi itinerari interni alla città, anche se passeggiare lungo la medievale strada magna (via F.M. Preti) e perdersi tra i vicoli e le piazzette del castello è il miglior modo per attraversare idealmente gli otto secoli di storia della città.

Luoghi di devozione, palazzi e antiche dimore di illustri famiglie testimoniano la vita pubblica, l’economia, le arti, la religiosità della comunità cittadina nel corso del tempo.

Castelfranco Veneto deve il proprio nome al castello ‘franco’ (esente) da imposte per i suoi primi abitanti-difensori. Il possente quadrato di rossi mattoni fu eretto sopra un preesistente terrapieno, alla fine del XII, dal Comune medievale di Treviso, poco a nord del villaggio della Pieve Nova, sulla sponda orientale del torrente Muson, a presidio del turbolento confine verso le terre padovane e vicentine.

Già nei primi decenni del Trecento, sul lato orientale, si sviluppa il primo nucleo dell’abitato (Bastia Vecchia), strumento anch’esso di difesa, dotato di un ospizio per poveri e viandanti.

Città murata per sua stessa definizione, conserva quasi integralmente la cinta muraria e le sei torri che si innalzano ai quattro angoli e nei punti mediani di oriente e meridione. Castelfranco Veneto lega indissolubilmente i suoi ottocento anni di storia alla strategica posizione nel Veneto centrale, tappa obbligatoria tra Venezia, la Germania e le Fiandre, tra l’Europa occidentale e le pianure dell’Est. Città di commerci fin dall’origine e sede di un antico mercato di granaglie e bestiami, attivo sino alla metà del secolo scorso; fu centro, in passato, delle più svariate attività artigianali e snodo ferroviario di primo livello dalla fine dell’ottocento ai giorni nostri.

Il castello, a pianta quadrilatera (circa 230metri di lato) fu eretto a partire dalla fine del sec.XII e completato nei decenni successivi. Delle originarie otto torri, restano le quattro d’angolo, la torre dei morti, edificata nel 1246, a metà della cortina di meridione, e l’imponente torre civica (alta 43metri), che si esibisce sulla facciata principale l’orologio e il leone di S. Marco in pietra d’Istria, simbolo del dominio veneziano, ambedue installati nel 1499.

Le mura, le torri e il fossato sono quanto rimane di una complessa macchina da guerra, allestita, secondo la tradizione, alla fine del secolo XII, ma sottoposta a completamenti e rinforzi durante tutto il secolo XIII.

Per prime si innalzarono le quattro torri d’angolo, cui seguirono le mura. Al castello si accedeva attraverso due porte (“di Treviso”, a est, e “di Cittadella”, a ovest), provviste di sarasineshe e ponti levatoi (sostituiti nel XVI secolo da ponti in muratura), e da due “posterle” (accessi pedonali), uno a sud, l’altro a nord.

Le mura, alte circa 17m e spesse circa 1.70m, sono prive di fondazione.

Poggiano, infatti, su un basamento realizzato con la tecnica della muratura a sacco (ciottoli di fiume, frammenti di mattoni e calce spenta al momento dell’impasto), la stessa tecnica utilizzata per le mura (paramenti di mattoni solo sulle facce esterne ed interne). Il camminamento di ronda (dove si è conservato) sporge per 1.75m, sostenuto da archetti appoggiati su mensole di pietra.

Il castello fu particolarmente munito sul versante orientale, a metà del quale si innalzò la torre civica, modificata in sommità, nella forma attuale, a fine ‘400. all’interno della porta di Treviso, o “porta franca”, Ezzelino III da Romano rafforzò, nel 1246 le difese intorno alla civica torre mediante due gironi over torrioni, un castello nel castello, formato da due corti distinte e cinto da fossato. All’esterno, la sequenza di ostacoli si infittiva: la fratta (siepe di spine e rovi) tra le mura e il fossato (ampio, in origine,tra 21 e 25m);la Bastia (le attuali vie S.Giacomo e Bastia Vecchia); un terrapieno; la cerchia (fascia di terreno scoperto); un secondo fossato, detto della cerchia.

Dal 24 gennaio 1339 al 12 maggio 1797, Castelfranco fu dominio veneziano, salvo il periodo carrarese (1380-1388), al quale si deve lo stemma con il carro a quattro ruote visibile sotto la volta della torre civica. La guerra di Cambrai (1509-1517) svela l’inadeguatezza militare del castello, incapace di reggere alle nuove tecniche di assedio e ai tiri di artiglieria. Si abbattono o crollano alcuni tratti di mura; i terrapieni esterni sono ridotti a coltura dai privati. Nell’Ottocento, il castello, sfuggito alla demolizione (progettata alla fine del secolo precedente), assurge a simbolo della città. Mura e torri si trasformano in apparato scenografico urbano. Tra il 1865 e il 1869, si rifanno il ponti della Salata (di fronte alla torre civica) e dei Beghi (verso il mercato), si costruiscono il passeggio, intitolato a Dante, e i giardini pubblici sul lato verso la torre di nord-est, detta di Giorgione, per la sua collocazione a ridosso del monumento al grande pittore, innalzato nel 1878.

Castelfranco Veneto è universalmente nota soprattutto per aver dato i natali a una delle figure più straordinarie ed enigmatiche della storia della pittura: Giorgione (1478-1510), genio misterioso della luce e del colore. Di Giorgione, la fortezza racchiude, quasi scrigno, due gemme preziose tra le poche riconosciute al pittore; l’ermetico Fregio di Casa Marta-Pellizzari e la celeberrima Pala del Duomo di S. Liberale, ma tutta la cittadina è permeata dalla memoria del grande artista.

La tradizione che identifica la casa, oggi museo, che porta il nome di Giorgione come luogo di nascita o comunque abitazione del pittore non è documentabile. Rimane il mistero anche sul proprietario dell’edificio che ha commissionato il famoso Fregio delle Arti Liberali e Meccaniche all’artista dal momento che la proprietà Barbarella è attestata solo dalla metà del Cinquecento. Luogo di lavoro, in gran parte modificato nell’impianto architettonico e negli arredi, l’edificio è comunque meta principale per chi voglia percorrere le tracce del grande Maestro.

Analoga situazione per la Pala Costanzo, da sempre custodita nell’omonima cappella nel Duomo di Castelfranco, che pur completamente ricostruito in stile neoclassico dall’architetto Francesco Maria Preti nella prima metà del Settecento, ha mantenuto accanto alla tomba di Matteo Costanzo il dipinto che ne celebra la memoria.

Da via Garibaldi, si accede a Casa Barbarella, poi Angaran (sec. XVI), attuale sede del Conservatorio di musicaAgostino Steffani“: alcuni studiosi ritengono fondata la tradizione che lega il nome di Giorgione alla nobile famiglia Barbarella, anche se i documenti sull’argomento sono ancora oggetto di discussione e gran parte della biografia dell’artista rimane avvolta nel mistero.

A pochi passi, in vicolo del Paradiso, la Casa Costanzo, forse di impianto trecentesco (residenza del podestà prima del 1410), fu posseduta e abitata da Tuzio Costanzo, committente della Pala, venuto da Cipro a Castelfranco nel 1475. I caratteri gotici dell’edificio si leggono nella trifora ad archi ogivali polilobati della facciata, ornata dall’arma Costanzo in pietra. Nel salone del piano nobile sono affrescati gli stemmi dei Cstanzo e dei Verni di Maiorca, il casato della moglie di Tuzio, e due raffinate fasce parietali: una dipinta su fondo rosso scuro nella quale, tra fogliami e volute, si contrappongono due figure femminili nude; l’altra, su fondo giallo oro, con cavalli marini alati, leoni e sirene tra fogliami.

Al centro del castello, il Palazzo municipale, costruito tra il 1879 e il 1880, sorge sul luogo della quattrocentesca residenza del podestà veneziano. Sotto il portico del Municipio si apre l’Oratorio della Beata Vergine delle Grazie, edificato nel 1713 per onorare un’immagine della Madonna, affrescata nel secolo XVI dal pittore castellano Cesare Castagnola, alla quale si attribuirono numerose guarigioni miracolose tra il 1708 e il 1712.

All’angolo di piazza S. Liberale, la trecentesca Casa Rainati, già Marta, conserva all’interno decorazioni in affresco raffiguranti scene desunte della letteratura cavalleresca.
Nel vicolo dei Vetri si trova il cosiddetto Studiolo, residuo d’una casa quattrocentesca, forse luogo di incontri di un’accademia culturale, decorata da un fregio nel quale si alternano, su fondo rosso vivo, tralci, girali e bacche in grigio, uccelli in atto di beccare, putti alati ad occhi chiusi, tondi monocromi con scene allegoriche e sette stemmi policromi di nobili famiglie cittadine e veneziane, tra cui i Costanzo, i Marta, i Gradenigo, i Dotto e i Moro. Una figura enigmatica di vecchia donna cieca e sordomuta, forse allegoria dell’Ignoranza, campeggia sopra la finta cappa del camino.

In vicolo Montebelluna, si incontrano le facciate dei cinquecenteschi palazzi Piacentini, ora Menegotto, con splendida facciata in bugnato, e Almerigo de Castellis.
Nei pressi del Duomo, prospetta la rigorosa facciata settecentesca dell’Oratorio del Cristo, di fondazione medievale e, anticamente, sede della confraternita dei Battuti. Oltre il Duomo, in vicolo della Chiesa, si incontra la facciata della settecentesca Casa Barea, dimora dell’architetto Francesco Maria Preti, che vi morì nel 1774.

La scenografica piazza, già del Mercato, è coronata da una schiera di case e palazzi che si prolunga lungo tutto il Corso XXIX Aprile. Al secolo XVIII risalgono il Palazzotto Preti (o dell’Ospedale), la chiesa e il convento di S. Giacomo, situati nella medioevale Bastia Vecchia.

La storia della Piazza Giorgione e della sua funzione, fin dal sec. XIII, di luogo di scambi e commerci, è tutta legata alla posizione baricentrica di Castelfranco nel Veneto centrale. Per secoli, e fino a pochi decenni or sono, nel mercato cittadino si vendevano e acquistavano cereali e vasellami, ortaggi e tessuti, sementi e cordami. Ogni venerdì, i bovini riempivano la piazza, spingendosi, nei giorni di pioggia, fin sotto i portici, oggi trasformati in elegante passeggio. Intorno al mercato sorsero botteghe artigianali d’ogni genere; nel sec. XVI si edificò l’Hosteria alla Spada (palazzo Piacentini, affrescato da Cesare Castagnola), alloggio prediletto dai mercanti e dai cortei reali. Nel 1420, la Repubblica Veneta costruì, sul margine orientale della piazza, una loggia, il Paveion (padiglione), o “Loggia dei Grani”, ricostruito nel 1603, sede delle attività di contrattazione mercantile. Visibile dalla piazza e dal corso, si staglia il monumento a Giorgione, eretto nel 1878 (quarto centenario della nascita del pittore) sopra un isolotto artificiale all’interno del fossato (statua dello scultore Augusto Benvenuti; allestimento paesaggistico dell’architetto Antonio Caregaro Negrin). Sul Corso XXIX Aprile si affacciano i palazzi di ricche e nobili famiglie castellane del passato. Da nord verso sud: il Palazzo Pulcheri e il Palazzo Novello (sec. XVIII), con grande stemma in pietra in facciata. Oltre l’incrocio: i palazzi Spinelli (sec. XVI) e Bovolini-Soranzo, decorati in facciata da affreschi raffiguranti episodi mitologici.

Nella Bastia Vecchia, sulla via S. Giacomo, si incontra la chiesa di S. Giacomo Apostolo, eretta nel 1420 e ristrutturata tra il 1728 e il 1732, su progetto attribuito a Giorgio Massari (1687-1766). La sobria facciata introduce ad un autentico gioiello architettonico, nel quale si conservano pregevoli opere d’arte: la pala dell’abside (1616-1617) di Pietro Damini; i sei altari marmorei laterali; lo splendido altare maggiore; la luminosa pala del terzo altare di sinistra (circa 1740), opera di Egidio Dall’Oglio; il coro ligneo settecentesco con stalli intagliati in legno di noce. Addossato al fianco sud della chiesa: il convento si S. Giacomo, eretto nel 1420 e ricostruito ad inizio ‘700. Sul fianco nord di S. Giacomo, il cosiddetto Palazzetto Preti, la sola parte, costruita tra il 1761 e il 1769, del monumentale Ospedale progettato da Francesco Maria Preti, rimasto incompiuto a causa del trasferimento dell’istituzione ospedaliera nel soppresso convento dei Cappuccini (sito dell’odierna Casa di Riposo “D. Sartor”).

Sul lato nord del Borgo di Treviso si allineano palazzi di rilevante interesso storico-artistico. Chiude la schiera l’imponente villa Revedin-Bolasco, il cui muro di cinta racchiude uno tra i più straordinare giardini romantici, all’inglese, che si possano ammirare in Italia.

Oltre il ponte “ delle guglie” (iscrizione datata 1591), sul Borgo di Treviso prospetta il palazzo Riccati, ora degli Azzoni Avogadro Carradori, prolungato su via Ospedale da rusticali, progettati da Giordano Riccati (1709-1790). La facciata in materiale cementizio (architetto Giovanni Sardi) fu sovrapposta nel 1908 alla preesistente (sec. XVIII). Il palazzo Colonna (circa 1560), ora Rainati, austero nelle sue proporzioni dell’ordine ionico, fu ampliato alla metà del secolo XVIII verso est, il lato dove si trovano i palazzi Corner, eretti nella seconda metà del ‘600 e abbattuti ad inizio ‘ 800 dai Revedin, subentrati nella proprietà dei patrizi veneziani. I Revedin ridussero a coltura il preesistente giardino all’italiana, e con esso scomparve ogni traccia del cosiddetto “Paradiso” Corner, celebrato da scrittori e viaggiatori. La Villa Revedin, poi Bolasco, costruita tra il 1852 e il 1865 su progetto dell’architetto Giambattista Meduna, chiude idealmente questa passeggiata con la magnificenza del suo impianto architettonico e con la bellezza del suo parco all’inglese.

Ultimo aggiornamento: 23/09/2024, ore 13:58

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